1955 gli esemplari prodotti nella Premiere Edition, 5 i giorni in cui sono andati a ruba. Ora la lista d'attesa è piuttosto lunga.

Scritto da Augusto Bassi e Federico Fabbri&nbsp;

Tra i primi ricordi di noi bambini, ancora capaci di definire l&rsquo;immaginario adulto, ci sono due automobiline: una Porsche 911S del 1971 bianca, con cerchi Fuchs neri, e una Alpine A110 da competizione, bluette, di un certo pregio manifatturiero. Quest&#39;ultima, in versione motorizzata e in scala 1:1 vinse il rally di Sanremo del 1973 con Jean-Luc Th&eacute;rier alla guida. L&rsquo;Alpine fu infatti la casa costruttrice che si aggiudic&ograve;, dominandolo, il primo Mondiale Rally della storia. Oggi l&rsquo;Atelier francese, fondato da Jean R&eacute;d&eacute;le nel 1955 e risorto nel 2012 sempre come luminoso satellite del pianeta Renault, ha ridato forma a quelle suggestioni motoristiche, con una sensibilit&agrave; filologica rara, plasmando con le materie prime del futuro il calco della sua leggenda passata.&nbsp;Un&rsquo;operazione che non esce dalla gelida asetticit&agrave; di un laboratorio marketing, ma piuttosto dal ferro e dal fuoco di una consuetudine ingegneristica profonda, le cui braci non si erano mai spente.

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La <a href="https://www.alpine-rrg.com/it_IT/modelli">A110</a> di oggi ha il conio della progenitrice, ma &egrave; pi&ugrave; bella in tutto: le superfici sono meglio raccordate, scolpite con maggior nitore, e pur mantenendo le caratteristiche proporzioni, non danno la sensazione del compitino ricopiato. Le ottiche anteriori squisitamente rallistiche, le predatorie nervature longitudinali sul cofano, la coda sfuggente con i fari orizzontali e l&rsquo;assenza di appendici aerodinamiche ne tracciano l&rsquo;inconfondibile allure, mentre le benemerenze della contemporaneit&agrave; - come l&rsquo;estrattore centrale cromato, i cerchi in alluminio Fuchs, i led, il cockpit digitale e i gusci firmati Sabelt - non violano la tradizione, ma anzi ne esaltano la malia sportiva. L&rsquo;A110 &egrave; blu Alpine o, al limite, immacolata come la neve di alta montagna. Delle due vetture che <a href="https://www.alpine-rrg.com/it_IT/alpine-center/milano">l&rsquo;Alpine Centre di Milano</a> ci ha&nbsp;affidato, una &egrave; arrivata nel suo colore storico, l&rsquo;altra foggiata nel nero pi&ugrave; profondo: se in fotografia l&rsquo;assenza di colore sembra svilirne il carisma, dal vivo, in abito da sera, ne fa animale di rara sensualit&agrave;.

SEL_7.jpg

Dopo cinque giorni a bordo di una 718 Cayman, che pu&ograve; essere considerata una diretta concorrente della francese, &egrave; d&rsquo;obbligo segnalare che quanto a magnetismo l&rsquo;Alpine surclassa la teutonica: difficile non vedere qualche telefonino puntato per immortalarla, o le teste girare al suo passaggio, anche per un sound significativamente pi&ugrave; accattivante di quello del 4 cilindri tedesco. La guida &egrave; entusiasmante, seppur non da puristi fondamentalisti. Il rapporto peso/potenza, fra i pi&ugrave; favorevoli, uno sterzo molto comunicativo, un assetto reattivo senza essere inclemente, freni Brembo dall&rsquo;aggressivo mordente, un bialbero turbocompresso di 1.8 centimetri cubi da 252cv e una coppia molto generosa per la cilindrata: tutto cospira per farvi scappare il labbro dalla gratificazione. La distribuzione dei pesi, il motore centrale-posteriore e la trazione alle spalle rendono la due posti transalpina affilatissima in entrata e piacevolmente esuberante in uscita, dove si pu&ograve; giocare con il gas per qualche sovrasterzo. La matrice rallistica della berlinetta si nota nelle sospensioni, pensate pi&ugrave; per strade dal manto ostile che per la pista, a tutto vantaggio del comfort anche durante l&rsquo;utilizzo urbano. Buche, dossi leggeri, marciapiedi inforcati contromano, non sono un problema: posso garantirlo. Se non si sente il bisogno di un differenziale posteriore meccanico, l&rsquo;assenza di un cambio manuale un po&rsquo; pesa. Il doppia frizione a 7 marce &egrave; molto rapido e sa essere intelligente, cos&igrave; come le tre modalit&agrave; di guida (normale-sport-track) selezionabili premendo un comodo tasto rosso sul volante; ma lungo le curve che vanno da Lugagnano a Vernasca, dove l&rsquo;abbiamo strapazzata, la mano andava troppo spesso, sempre vanamente, alla leva.&nbsp;

Difetti oggettivi? La visibilit&agrave; &egrave; veramente scarsa: linea di cintura alta, superfici vetrate anguste &ndash; con un lunotto ai limiti del cingolato - ingombri non intuitivi. Il&nbsp; suono plebeo degli indicatori di direzione &egrave; inglorioso su una sangue blu del genere e ricorda sinistramente quello delle frecce di una Renault 4 TL. E infine le chiavi, intelligenti per il formato tessera, che scivola piacevolmente nella tasca della giacca, ma con iconcine invisibili la sera e comunque poco immediate da sollecitare.

Noblesse Oblige

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