Musica

Pianocity Milano: intervista a Ingrid Carbone

Dal 25 al 27 giugno torna Pianocity Milano, con oltre 100 concerti dislocati in tutta la città. L'Officiel Italia ha scelto come ambassador per l'iniziativa, la pianista (e matematica) Ingrid Carbone. 

Nell'immagine: Ingrid Carbone durante un'esibizione
Ingrid Carbone

Dal 25 al 27 giugno torna Pianocity Milano, giunto alla decima edizione, promosso e realizzato da Associazione Pianocity Milano e Comune di Milano. L’iniziativa, con la direzione artistica di Ricciarda Belgiojoso e Titti Santini, sarà come ogni anno dal vivo, con oltre 100 concerti che racconteranno la città attraverso la musica e la cultura. Sarà possibile seguire il palinsesto anche attraverso i podcast, disponibili sulle maggiori piattaforme digitali. L’Officiel Italia ha scelto come Ambassador dell’evento la pianista pluripremiata (e matematica) Ingrid Carbone, che porterà sul palco “Ingrid’s PlayLiszt: visioni dantesche”. Non solo temperamento e tecnica ma anche una grande passione per l’insegnamento, che vive come una vera missione sociale. Parlando con Ingrid una cosa è chiara, la musica è il suo primo amore. La sua performance sarà un tributo all’Italia e a Dante e un‘omaggio alla musica sacra di Franz Liszt. 

Ritratto di Ingrid Carbone di Grazia Lissi

L'OFFICIEL: Sarò banale, ma l’aspetto che ci ha incuriosito è la dicotomia matematica/musica. Inizierei proprio da qui. Quale passione è arrivata per prima?
Ingrid: Sicuramente la musica, non potrei mai immaginare la mia vita senza il piano. In casa da bambina, con i mie genitori, ascoltavo: Morricone, i grandi cantanti francesi, le sinfonie di Beethoven. Quando frequentavo la quarta elementare mi regalarono un pianoforte verticale e scoprii un mondo nuovo che mi ha travolto e che ho approfondito più tardi in conservatorio. Contemporaneamente c’è stata l'inclinazione alle discipline matematiche, che al liceo mi risultavano piacevoli. Sono entrambe specchio della mia anima: uno è scienza l'altro è arte. 

Che cos’è oggi che muove l’animo di un musicista e quello di un matematico?
Per un’interprete, come nel mio caso, insorge la necessità di raccontare. La musica classica dovrebbe veicolare conoscenza, unione, amore, emozioni ed essere considerata una disciplina alla pari delle altre. Lo Stato dovrebbe tutelarla e renderla parte integrante della nostra cultura di base. Basti considerare i dati allarmanti sull’impoverimento culturale, sopratutto tra i giovani. Personalmente lavoro molto sui brani che interpreto, c’è ricerca e indagine. Emerge la mia formazione scientifica dall’approccio razionale, dove ogni cosa deve essere al suo posto. Quando insegno matematica all’università invece, cerco la parte creativa: andare oltre alla materia in sé, stimolare gli studenti, motivarli e far capire loro che facciamo tutti parte di un progetto più ampio. 

E come hai trovato i tuoi studenti dopo un anno di DAD?
Il mio lavoro è recuperare i ragazzi che hanno avuto dei percorsi sfortunati e colmare le loro lacune, ovviamente in ambito matematico ma non solo. Cerco di creare un rapporto con loro, di stimolare un interesse; a distanza è complicato. Questa necessità di creare un’empatia è la stessa che ho quando suono. In Germania a settembre terrò una conversazione-concerto dove interagirò direttamente con il pubblico. Mi piace trasmettere quello che so, essere trasparente e farmi conoscere senza filtri. 

Come reagiscono i tuoi allievi quando scoprono che sei una pianista affermata?
Non lo dico mai…Lascio che siano loro a scoprirlo. Gli studenti si dividono in due categorie: quelli che mi adorano e quelli che mi odiano (per fortuna non sono tanti!). Forse rifiutano l’idea di avere di fronte una figura determinata e solida. Dovremmo essere mossi da un moto (filosofico) di ricerca continuo e da insegnante sollecito domande e dubbi. Non possono essere i social a dare certezze ai giovani, dovrebbe farlo l’istruzione.

Foto di Daniela Camo

Parlami della tua esibizione per Pianocity: “Ingrid’s PlayLiszt: visioni dantesche”.
Nella musica di Franz Liszt trovo tutto. C’è quello che desidero ricercare, ascoltare, e studiare: tecnica, religiosità, virtuosismo e amore per la natura. Liszt è stato considerato per molto tempo solo un virtuoso, quando in realtà la sua musica è straordinariamente profonda. Amava il nostro paese e trascorse qui gli ultimi anni della sua vita perseguendo la vocazione monacale. Ho deciso di omaggiarlo scegliendo tre brani dedicati all’Italia, caratterizzati da un’intensa spiritualità e che mi danno la possibilità di esprimere tutte le mie emozioni: “Giochi d’acqua a Villa d’Este”, la “Leggenda di San Francesco d’Assisi”, e la “Sonata Dante”.

Con quale dei tre aprirai il concerto?
Inizierò con “La leggenda di San Francesco d’Assisi” dove Liszt è riuscito ad ottenere, attraverso espedienti tecnici, sonorità concrete e percepibili come: il cinguettio e il frullio degli uccellini. Nessuno nella storia della musica ha mai raggiunto questo risultato. Lo stesso accade nei “Giochi d’acqua a Villa d’Este”, che parla di spiritualità e vita, omaggiate attraverso la figura metaforica delle fontane e degli zampilli. 

La “Sonata Dante” farà da gran finale…
Nella Sonata per me c’è tutta una vita, forse anche tutta la mia. È unanimemente considerato un capolavoro. É articolata e mostra il percorso di Dante: la discesa all’Inferno, la sofferenza dei dannati, l’amore disperato di Paolo e Francesca, i boati assordanti dell’anti inferno…Uno dei climax è lo svenimento del poeta: “caddi come corpo morto cade” (Inferno, Canto V, v.142). Nel brano si sente perfettamente la caduta, il cedimento, il silenzio assordante. Liszt lo descrive: lamentoso, disperato, strepitante, precipitato. La sonata assume le sembianze di una rappresentazione teatrale dalla forte carica emotiva, un unicum nel panorama musicale. Il concerto sarà un crescendo di tensione, tecnica ed emotiva. Spero piaccia anche al pubblico. 

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Approfondiamo la frase: “In Liszt trovo tutto”…
Musicalmente è un punto di arrivo per un interprete, ma mi rivedo in lui anche per il suo indiscusso amore per la natura. Vengo da una regione con un alto tasso di randagismo e non curanza per gli animali e cerco, nel mio piccolo, di accoglierne qualcuno salvandolo dalla strada…

Come gestisci la componente emotiva prima di salire sul palco? 
La tensione prima del concerto è normale, di solito sparisce quando raggiungo il piano e sale l’adrenalina. L’emozione di suonare per il pubblico è magica e a volte può far si che durante l' esibizione emergano delle nuances e sfumature inaspettate.

Quali sono i brani che un giovane pianista, non può fare a meno di conoscere?
Il Clavicembalo ben temperato di Bach, le sonate di Domenico Scarlatti e quelle di Beethoven e Mozart. Non posso non citare anche la Wanderer di Schubert come brano epocale straordinario, che ha cambiato la forma sonata. Per un pianista non è possibile comprendere la musica romantica e impressionista senza una solida conoscenza dei classici. 

Progetti futuri? 
A settembre ho una conversazione-concerto dedicata a Liszt in Germania e sto già lavorando al prossimo disco. Dovrei anche recuperare un progetto dal 2020: un festival pianistico in Calabria indirizzato principalmente a pianisti cinesiSto studiando la loro lingua perché ho in progetto di riprendere i miei viaggi in Cina per tenere masterclasses e conferenze-concerto per i docenti di pianoforte: un anno prima del lockdown ero lì, e una delle mie tappe è stata proprio la città di Wuhan. Parallelamente ho in cantiere diverse iniziative che mi vedranno impegnata nel sociale, non posso entrare nel dettaglio ma ci tengo molto.

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