"Il paesaggio è malleabile, è “immobile”, posso renderlo mio. " Il secondo capitolo del viaggio nel paesaggio urbano di Matteo Procaccioli: Structures. 

Matteo Procaccioli, classe 1983,&nbsp;&egrave; un fotografo d&#39;origine marchigiana&nbsp;con l&#39;animo da globetrotter e la vocazione da artista.&nbsp; 
Il tema prediletto sono i paesaggi urbani, dove l&#39;uomo non &egrave; fisicamente presente ma se ne percepisce la presenza attraverso i segni del suo passaggio.&nbsp;

Alla seconda personale della sua carriera, la prima &egrave; stata ospitata dal Museo della Permanente di Milano, Procaccioli ci vuole raccontare l&#39;evoluzione della sua visione e noi per comprenderne meglio il significato l&#39;abbiamo &quot;interrogato&quot; tramite un&#39;intervista.

Da cosa nasce la tua passione per la fotografia? 
Sono sempre stato un amante dell&rsquo;arte. Durante un viaggio negli Stati Uniti, mio cugino mi regal&ograve; la mia prima fotocamera. Divenne subito un ottimo mezzo per iniziare a raccontare le mie storie in maniera immediata e vivida. Dico &ldquo;iniziare&rdquo; perch&eacute; l&rsquo;approccio materico resta comunque fondamentale, sugli scatti opero poi in maniera decisa e fisica. 
Con la fotografia ci sono stati immediatamente una familiarit&agrave; e un forte feeling che mi hanno permesso di bypassare i limiti e anche certi sofismi del tecnicismo pittorico a favore dell&rsquo;immediatezza.

I fotografi che hanno segnato di piu il tuo lavoro. 
Pi&ugrave; che segnato, ci sono stati grandi maestri che mi hanno affascinato. O con cui sento delle affinit&agrave;. Cartier-Bresson o Giacomelli, che &egrave; stato un grande interprete del paesaggio, amavo il bianco e nero. Erano tutte informazioni che nella mia fase di ricerca assumevano grande importanza. Capii anche che dovevo trovare la mia strada, ma l&rsquo;arte per me ha il compito di suggerire una realt&agrave;, di evocare, non di documentare. 
Non ritenendomi per&ograve; un fotografo tout court - la fotografia &egrave; una componente del mio gesto creativo - trovo delle vicinanze anche con alcuni pittori: penso a De Chirico, che ritraeva strutture monumentali ma desolate, piene ma al contempo vuote di vita, o a William Turner per le cromie e l&rsquo;uso del colore. Ma sono vicinanze che ho notato e sentito solo a posteriori.

La scelta del panorama urbano al centro dei suoi lavori: quale il significato profondo e antropologico? il rapporto con la natura e l&#39;invasivit&agrave; dell&#39;uomo. 
Inizialmente mi sono avvicinato al paesaggio non urbano: fu abbastanza naturale essendo cresciuto nelle Marche, una terra che offre innumerevoli scenari dal punto di vista paesaggistico. Il paesaggio &egrave; malleabile, &egrave; &ldquo;immobile&rdquo;, posso renderlo mio. Contemplarlo, ripensarlo, tornarci: non fugge, non scappa, ma comunque si trasforma ed &egrave; sempre diverso, e si adatta quindi al mio desiderio di guardarlo ogni volta con nuovi occhi. Ho scelto le realt&agrave; urbane nel momento in cui ho sentito il bisogno di raccontare delle situazioni differenti da quello che &egrave; la natura, volevo ci fosse un&rsquo;impronta umana. Cos&igrave; come la natura va scomparendo, attorno agli agglomerati urbani, cos&igrave; &egrave; stato anche nei miei obiettivi. La natura &egrave; diventata la mia tela bianca. Appare solo in uno dei miei progetti, dove ritraggo le metropoli viste dall&rsquo;alto, come contorno indefinito di esse. In &ldquo;Structures&rdquo; racconto effettivamente dell&rsquo;invasivit&agrave; dell&rsquo;uomo, ma senza farne un discorso critico: anzi, il mio lato artistico &ldquo;sfrutta&rdquo; l&rsquo;invasivit&agrave; dell&rsquo;uomo e le sue derive.

Il rapporto con la metropoli e le &ldquo;Structures&rdquo; e il senso del divenire - i modelli a cui fa riferimento 
La metropoli &egrave; la proiezione della societ&agrave; umana, e si sviluppa analogamente. Si espande in maniera tentacolare, mantenendo nel suo cuore una certa coerenza, equilibrio e bellezza. La realt&agrave; urbana, in chiave macroscopica, racconta l&rsquo;evoluzione della societ&agrave; come anche del singolo essere umano; questo da quando l&rsquo;uomo ha iniziato a porsi nuove sfide.

Se la citt&agrave; &egrave; delineabile come palinsesto di molteplici fasi e momenti storici registrati uno strato dopo l&#39;altro, quanto di documentario c&#39;&egrave; nei suoi lavori e quanto invece esula, come sublimazione del tangibile 
Lo sviluppo urbano avviene in due direzioni: quella verticale, in cui livello dopo livello la citt&agrave; cresce; e quello centrifugo. Il primo non &egrave; raffigurabile, la stratificazione implicherebbe la necessit&agrave; di sezionare anche solo per essere compresa. Il secondo, invece, &egrave; relativamente recente ed &egrave; stato particolarmente veloce, si &egrave; svolto parallelamente allo sviluppo industriale e postindustriale della nostra civilt&agrave; ed &egrave; sotto i nostri occhi. Personalmente, non amo ritrarre il lato antico delle citt&agrave;, ma mi dedico alla fase di transizione, che &egrave; caratteristica dei tempi moderni. Non pi&ugrave; edifici votati ad una permanenza e un utilizzo eterni, ma strutture che ben presto diventano poststrutture. Oggi non c&rsquo;&egrave; pi&ugrave; una grande ricerca del bello, bens&igrave; del funzionale, e non solo in architettura o in urbanistica, che - come dicevo - altro non sono se non il riflesso edificato di tutto il resto. 
Non ritraggo quindi la citt&agrave; in ogni sua fase storica e in ogni suo strato. N&eacute; mi interessa documentarla: quello &egrave; il campo del reportage. Io non voglio rappresentare la realt&agrave; per com&rsquo;&egrave;, ma evocare, suggerire una visione atemporale: la mia postproduzione ha anche questo intento, affinch&eacute; le mie opere col tempo restino espressione artistica.

Viene attraverso il medium fotografico immortalato l&#39;attimo, perch&eacute; la scelta della fotografia come mezzo espressivo e quanto e come la fase di post produzione influisce sul processo creativo e sul risultato 
No. Attraverso il mezzo fotografico viene documentato un pensiero, l&rsquo;idea che ho relativamente a quel luogo. Tramite lo scatto compiuto in un preciso momento del lento divenire di un luogo io ne cristallizzo l&rsquo;attimo per renderlo poi - grazie anche all&rsquo;azione materica - infinito e svincolato dal tempo. Questa fase di postproduzione, appunto, &egrave; fondamentale proprio perch&eacute; la fotografia non &egrave; il solo mezzo espressivo da me scelto, ma il media di partenza. Il mio intervento manuale porta quindi a compimento l&rsquo;approccio pittorico che mi ha sempre affascinato, ma che solo la combinazione con la fotografia mi consente di esprimere pienamente. maniesoddisfacente ed efficace.

Cosa: Structures, mostra fotografica&nbsp;

Dove: Dream Factory&nbsp;&ndash; corso Garibaldi 117, Milano

Quando: 7-8 Febbraio 2018

#talkingwith Matteo Procaccioli

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