Mr. Rain racconta con un’intervista il suo nuovo album “Petrichor”
Attualmente si trova a lavorare e a trascorrere il suo lockdown nella sua casa a Brescia. Mattia Balardi, conosciuto con lo pseudonimo di Mr. Rain, non ha paura di raccontarsi. “Petrichor è il profumo della pioggia.” spiega il rapper e cantante italiano classe 1991, “L’ho scelto come titolo dell'album perché io scrivo, compongo, sono ispirato solo quando c'è lui, il profumo della pioggia. È, anche, un fil rouge che ricama e accompagna tutte le tracce e le scene del mio film”. Racconta che la sua carica creativa e l’ispirazione proviene direttamente dal fenomeno atmosferico della pioggia, riuscendo a scrivere e ad entrare in sintonia con se stesso solamente quando piove. Il suo singolo estratto dall’album “A forma di origami” è una lettera al padre, il video è il capitolo finale del cortometraggio iniziato con l’amatissima hit certificata doppio disco di platino “Fiori di Chernobyl” e proseguito con il singolo "9.3”. Perfezionista, sensibile e con una consapevolezza differente da quando ha cominciato la sua carriera musicale, ora Mr Rain è pronto a ricominciare da se stesso.
Come mai la scelta del nome Mr Rain?
Io scrivo e compongo solo durante i giorni di pioggia. Quando piove riesco a scrivere perché riesco ad entrare in sintonia con me stesso, cosa che non succede quando c’è il sole. Se dovessi darmi una risposta o una motivazione credo che sia un fattore d’ispirazione. Con la pioggia mi sento più libero a tirare fuori le mie emozioni e quello che ho dentro.
So che sei originario di Brescia, come influiscono le tue origini e il tuo background nel tuo lavoro o le tue canzoni?
Secondo me il mio background e le mie origini forse hanno influito all’inizio, crescendo al di fuori dalla centralità di Milano mi ritrovavo spesso a far tutto da solo. Dovevo scrivere, produrre la mia musica, le strumentali e anche a girarmi i video da solo. Questo mi ha spronato a migliorarmi e studiare per una necessità e per la voglia di farlo.
Hai fatto collaborazioni con Birdy, Annalisa, Benji & Fede e molti altri. Dovessi pensare ad un artista in particolare con cui ti piacerebbe fare un featuring adesso?
In Italia sicuramente con Ultimo, credo che siamo molto simili per certi versi. Vedo i nostri 2 mondi molto affini. Se dovessi puntare in alto a livello internazionale senza alcun dubbio ti citerei Eminem, da sempre sono un suo grande fan, ma anche Macklemore è un altro mio grande idolo.
Nelle tue canzoni utilizzi tantissime metafore e figure retoriche per raccontare delle situazioni. Come nascono?
Non ne ho idea. Penso che mi vengono in mente e butto fuori tutte queste immagini che ho in testa. Avendo girato molto spesso anche i miei video clip, il mio processo creativo spesso si compone all’inverso. Quando immagini il video capisco il risultato musicale e al genere di strumentale che voglio ottenere. Tutto avviene in maniera spontanea. Credo che le figure retoriche che utilizzo nella mia scrittura nascono da quello che vivo e dalla mia fascinazione per la cinematografia.
Che genere di film guardi?
Mi definisco onnivoro, ma sono appassionato del cinema di fantascienza. Mi piace l’idea della proiezione del mondo in maniera futuristica.
Perchè dopo che sei stato eliminato ad XFactor nella categoria di Simona Ventura, hai deciso di non rientrare più?
Io ero partito con l’idea di rifiutare, volevo sfruttare questo canale solo per promuovere la mia musica e farla arrivare a più persone. Questo era il mio obiettivo e seguendo i casting mi sono accorto che era un percorso che non faceva per me. Ho quindi deciso di ritirarmi per seguire la mia strada, nonostante sarebbe stato il cammino più lungo. Ho preso questa decisione perché mi sentivo che era quello che volevo fare andando controcorrente. Sono convinto che se una persona segue quello che percepisce di fare con la propria testa, prima o poi ottiene i suoi risultati. Non credo alle scorciatoie e nemmeno ai compromessi, ho sempre seguito la mia testa e per ora, mi è sempre andata bene.
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So che hai un poster di Eminem in camera, quali sono i tuoi riferimenti musicali e i tuoi cantanti preferiti.
Eminem sicuramente, fino a qualche anno fa lo seguivo in una maniera quasi maniacale, il mio biondo platino è un omaggio a lui, ho tantissimi tatuaggi dedicati alla sua carriera. Macklemore che ti ho citato prima e in questo momento mi piace particolarmente Nef the Pharaoh. Su Spotify ascolto di tutto, specialmente da due o tre anni a questa parte, spesso non conosco nemmeno i titoli ma divoro tutta la musica di playlist in playlist.
I tuoi video musicali si susseguono come se fossero parte di un unico ciclo. Da dove è nata questa idea?
Sono sempre stato un fan del linguaggio audio e visivo, credo che la musica dia valore al video e viceversa con un rapporto paritario. Volevo abbandonare la solita concezione di video clip realizzato in playback e i soliti codici stilistici dei video musicali, per realizzare una trilogia con un cortometraggio composto da “Fiori di Chernobyl”, “9.3” e “Forma di origami”. Mi piace studiare le alternative. Per risponderti, il ciclo nasce da una sfida con me stesso, volevo superare quello che avevo fatto precedentemente. Chissà se più avanti mi ritroverò a fare addirittura un film per un disco.
Mi dicevi che le tue canzoni e i tuoi video musicali provengono da alcune immagini. Fai ricerca oppure nasce tutto da un approccio spontaneo?
È un processo naturale, spesso sono immagini e situazioni che vivo nei miei sogni. Il video musicale “Fiori di Chernobyl” era un sogno che ho trasformato in realtà. È come se fosse un mio pretesto per realizzare concretamente un sogno che ho fatto in passato. Non faccio una ricerca specifica se non nella fase di realizzazione, quando faccio scouting di location, atmosfere e via dicendo. Ma il tutto avviene senza forzature.
Parliamo di genitori. La prima canzone rivolta a tua mamma è “I grandi non piangono mai” del 2016. Nel nuovo album invece parli a tuo papà con “A forma di origami”. Entrambe sono canzoni molto emotive ma sopratutto consapevoli. Come mai nonostante la difficoltà di raccontare sei riuscito a tirare fuori questo lato più sensibile di te?
Ne avevo bisogno. Era come se fosse un esigenza. Ho scritto queste canzoni per necessità nei confronti di queste persone, volevo confidarmi e dire quello che non riesco mai a dire. Sono molto chiuso e faccio molta fatica a parlare specialmente quando in gioco ci sono i sentimenti. Quando devo parlare, confidarmi con qualcuno scrivo una canzone. Da troppo tempo avevo certi pesi sullo stomaco, situazioni che non riuscivo a tirare fuori e per questa ragione ho scritto questi pezzi che i miei genitori non hanno mai sentito fino alla data di pubblicazione.
E come hanno reagito i tuoi genitori quando le hanno ascoltate per la prima volta?
Mia mamma l’ha sentita il giorno del suo compleanno e ricordo che si era commossa parecchio. Mio padre invece ha sentito “A forma di origami” il 12 Febbraio quando è uscito il disco “Petrichor” e mi ha scritto appena l’aveva ascoltata. Era super contento per la mia canzone.
Come mai il nome “Petrichor” per il tuo ultimo album?
Ho trascorso tutto l’anno a scrivere durante i periodi di pioggia. Tutte le canzoni erano connesse tra di loro con una sorta di fil rouge e mi sembrava un titolo speciale per questo mio lavoro. È una parola strana ma molto affascinante, ed era da un po’ di anni che volevo sfruttarla per un singolo o un disco, così ho deciso di posizionarla come titolo dell’album.
Ascoltando le tue canzoni c’è un lato molto sensibile e romantico, e uno un po’ più raw trainato dalla cultura rap. Come convivono in te queste due parti?
Il mio lato “a testa calda” devo dire che è dormiente, ma lo risveglio ad ogni disco solamente con una traccia. Mi è sempre piaciuto valorizzare questo mio tratto stilistico e anche se non è predominante non ho intenzione di abbandonarlo. E poi c’è la parte più sensibile che si appoggia nei momenti di crisi al mio lato più aggressivo, per questo penso che queste due parti convivano e co-esistono insieme come se fossero complici.
Trovo che sullo scenario musicale italiano tu sia uno di quegli artisti bravi ad analizzare le situazioni delicate. Quanto è importante per te la ricerca e l’autoanalisi nel momento della tua scrittura?
È fondamentale. Specialmente nel mio ultimo album parlo di un mio percorso di consapevolezza che ho intrapreso un anno fa in cui ho acquisito alcuni lati del carattere che prima erano sconosciuti. Durante il lockdown mi ritrovavo spesso solo, e la chiusura forzata mi ha portato a riflette e a rivedere alcune priorità che prima davo per scontato. Se ascolti consecutivamente tutti i brani, percepisci questo mio percorso. Mi sono conosciuto di più. Infatti se dovessi pensare a me stesso 3 anni fa, mi rivedrei come se fossi uno sconosciuto.
C’è qualche consiglio che daresti al Mr. Rain di 3 anni fa?
Gli direi di impegnarsi il doppio (questo rispetto a quanto facevo prima) e consiglierei di non fidarsi troppo di tutte le persone.
Sei più perfezionista oppure costantemente insoddisfatto?
Entrambe. Sono super pignolo, questo è uno dei mille motivi del perchè faccio tutto da solo: scrivo, produco la mia musica e giro anche i miei video. Chi meglio di me potrebbe trasferire esattamente tutto quello che ho in testa? Chiaramente tutto questo mi porta a fidarmi poco delle persone. Sono anche perennemente insoddisfatto perchè non riesco mai a godermi il momento essendo sempre proiettato nel futuro e con uno sguardo fisso sui prossimi traguardi.
Ci sono stati momenti in cui pensavi di non riuscire a gestire il tuo successo o determinate situazioni?
No, ovviamente essere un personaggio pubblico non è sempre così semplice, la musica di dà molto ma ti toglie molto. Il mio successo non è stato vertiginosamente rapido, ma molto graduale. Il mio percorso durante gli anni è stato metabolizzato, sono riuscito ad abituarmi alla fama tenendo allo stesso tempo i piedi ben saldi a terra.
Qual’è la soddisfazione più grande del tuo lavoro?
Sapere che in qualche modo la mia musica è servita a superare un momento buio di qualche altra persona. Aiutare inconsapevolmente e indirettamente chi ascolta i tuoi pezzi è la soddisfazione più grande del mio lavoro. Vedere persone che non conosci e ti ringraziano perchè grazie alla tua musica hanno superato un periodo difficile della vita o un problema mi stimola sempre a dare il meglio di me.
L’album si chiude con “Ricominciare da me” per offrire una riflessione sul futuro. Cosa ne sarà del tuo?
L’ultima traccia è una promessa che mi faccio per ritrovare l’equilibrio dentro di me. Voglio appunto ricominciare da me per evitare tutto quello che è superfluo. Io non mi fermo mai e al momento sto lavorando su nuovi brani, nuovi progetti e nuovi video. È appena uscito il disco ma sono proiettato già sul prossimo. Ora sono immerso nel mio lavoro.