Cultore della bellezza classica. Ossessionato dalla costruzione, fino a distorcerla per creare nuovi concetti. Il direttore creativo del brand, il belga Glenn Martens, rappresenta il vento del cambiamento, che si muove a spirali e plasma identità mutevoli avvolte da lacci e cinghie

&laquo;Y/Project &egrave; un marchio di lusso. Le felpe col cappuccio e il logo - che fanno pagare 600 dollari - non si addicono alle mie collezioni&raquo;, sussurra Glenn Martens dal decimo arrondissement di Parigi, il luogo dove lontano - ma non troppo&nbsp; - dal centro, costruisce una nuova idea di eleganza per l&rsquo;epoca post-cibernetica. A Parigi, la nomina di Virgil Abloh alla direzione creativa del menswear Louis Vuitton, di Kim Jones a Dior Hommes con Yoon di Ambush agli accessori, la surrealt&agrave; campestre di Jacquemus, il reboot di Paco Rabanne, il travaso di Vetements a Balenciaga, le slogature illusionistiche di Y/Project - oltre a sembrare fantascienza&nbsp; - sono il segno che la moda francese &egrave; investita da un vento di cambiamento. Y/Project &egrave; ormai noto al pubblico della moda per un rocaille rappreso, intagliato nel legno da un artigiano venuto da un medioevo futuro. La stoffa impazzita ricorda i drappeggi secchi del Maestro di Fl&eacute;malle (Robert Campin), autore de L&rsquo;Annunciazione del Trittico di M&eacute;rode, uno stile che il giovane Glenn, nato e cresciuto a Bruges, avr&agrave; forse apprezzato al Groeningenmuseum, scrigno locale della pittura fiamminga. Bruges &egrave; una Venezia del nord Europa&nbsp; - e cio&egrave; una specie di Disneyland&nbsp; - non solo per la sua luce&nbsp; - acquosa e sospesa - ma, soprattutto, per la coesistenza straniante di un passato artistico congelato e di un presente turistico. Da bambino Glenn pensava che il mondo fosse carino e intatto come Bruges. A diciotto anni, a Londra, capisce che &egrave; esattamente l&rsquo;opposto.

Deattagli e look femminili della collezione co-ed   autunno-inverno 2019-2020 presentata a Pitti, Firenze, lo scorso gennaio. Foto Arnaud Lajeunie

Si fa fatica a immaginarlo cultore della bellezza classica eppure, negli anni di studio alla scuola di moda di Antwerp, una delle pi&ugrave; prestigiose e difficili del pianeta Terra, era ossessionato dalla costruzione della bellezza. Tutto quello che faceva era bianco, pulito, elegante. &Egrave; probabile che in questo abbia giocato la sua formazione da interior designer. Alla Royal Academy of Fine Arts, infatti, si era presentato con disegni di bagni e cucine. Nel 2013, quando Glenn Martens &egrave; nominato direttore creativo, Y/Project &egrave; un brand di culto con un&rsquo;estetica alla Rick Owens. La sua scelta, alla morte del timburtoniano Yohan Serfaty, dopo una segnalazione della Chambre Syndicale de la Haute Couture al Ceo Gilles Elalouf, &egrave; motivata dal fatto che Glenn in passato aveva gi&agrave; lavorato con lui e che, in quanto giovane, sia a buon mercato.

Quattro uscite della collezione primavera-estate 2019. Foto Giovanni Giannoni

Prima che per Yohan, aveva lavorato anche da Jean Paul Gaultier come junior designer delle pre-collezioni donna e del marchio di moda maschile G2. Nel 2012 apre il suo brand omonimo che debutta alla settimana della moda di Parigi e sopravviver&agrave; per tre anni di solitudine e notti insonni, dato che era lui a occuparsi di tutto: dalla produzione alla modellistica, dalle vendite alla promozione. Ragion per cui, sebbene titubante, &egrave; lieto di accettare la direzione di Y/Project, per portarlo, d&rsquo;accordo con Gilles, in un&rsquo;altra direzione, meno oscura e pi&ugrave; decostruttiva, nel solco degli Antwerp Six. Nel 2017, con la vincita dell&rsquo;ANDAM Prize e di 280.000 dollari, grazie alla mentorship per un anno di Francesca Bellettini, Ceo e presidente di Yves Saint Laurent, l&rsquo;estetica del marchio &egrave; messa a fuoco. La collezione dell&rsquo;inverno 2017 &egrave; un vero punto di svolta, anche se riprende temi passati. La vertigine della spirale s&rsquo;insinua dal primo look, negli enormi orecchini di perle di varie dimensioni, per soggiogare pantaloni, top e stivali che si rattrappiscono come fossero tirati da un puparo. Il modellismo virtuosistico di Y/Project asseconda la visione del designer che dice di volersi &laquo;focalizzare sul design, invece che sullo styling&raquo;. In ogni collezione parte &laquo;dalla costruzione.

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Tre outfit della sfilata autunno-inverno donna 2019-2020. Foto di Arnaud Lajeunie

La scelta di sfilare all&rsquo;ultima edizione di Pitti Immagine Uomo 95 nel chiostro di Santa Maria Novella, con una collezione co-ed, &egrave; coerente con l&rsquo;ossessione del designer per la storia dell&rsquo;arte, in cui &laquo;l&rsquo;Italia &egrave; fondamentale. Ha colorato l&rsquo;estetica del nostro continente&raquo;, spiega

Due uscite dalla collezione autunno-inverno 2017 in cui viene messa a punto l’estetica del marchio, con il concetto di spirale e effetti “panneggiati”. Foto Matthieu Lemaire -Courapied

Tre look della collezione autunno-inverno 2017, in passerella e nel backstage. Foto Matthieu Lemaire -Courapied

Proviamo a guardare i vestiti da un punto di vista diverso. Distorciamo la struttura, sviluppiamo nuovi concetti. Quando abbiamo trovato il tema della stagione lo proietto su diverse categorie di prodotto. Per ogni tipo di indumento &egrave; possibile qualsiasi stile&raquo;. Il drappeggio di Y/Project &egrave; flemmatico, opulento. E Rihanna lo adora. Nell&rsquo;ultima collezione co-ed, presentata a Firenze in occasione del Pitti Uomo 95, per vedere i look bisognava dimenarsi con le torce, nel buio del chiostro di Santa Maria Novella. La scelta di sfilare a Firenze &egrave; coerente con l&rsquo;ossessione del designer per la storia dell&rsquo;arte, in cui &laquo;l&rsquo;Italia &egrave; fondamentale. Ha colorato l&rsquo;estetica del nostro continente&raquo;. Questa idea d&rsquo;inclusivit&agrave; che gli fa dire &ldquo;il nostro continente&rdquo; &egrave; simboleggiata dalla presenza di lacci e cinghie affinch&eacute; ognuno possa scegliersi il suo styling. La tecnica, presa dallo sportswear, &egrave; divertente con effetti grotteschi. Forse inevitabili, quando si cerca di adattarsi a tutto e tutti. Infatti, la chiave delle creazioni Y/Project &egrave; la versatilit&agrave;: &laquo;I miei design si adattano a mood diversi. Voglio che la gente interagisca con i miei vestiti. Vogliamo incoraggiare l&rsquo;individualit&agrave;&raquo;. L&rsquo;idea &egrave; che i capi contengano infinite potenzialit&agrave; metamorfiche per adattarsi a infiniti corpi e a un corpo infinito. Insomma, invece dell&rsquo;incubo classico del: &ldquo;Cosa mi metto?&rdquo;, Y/Project ti perseguita con la domanda: &ldquo;Come lo metto?&rdquo;. E cio&egrave;: &ldquo;Ma tu, chi sei?&rdquo;. &nbsp;

Y/Project

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