Intervista a Gherardo Felloni
Un’atmosfera da cabaret alla cena organizzata da Gherardo Felloni, direttore creativo di Roger Vivier che si è tenuta ieri al Teatro Gerolamo di Milano. Al primo piano le calzature e le borse della FW 19-20 (presentate a Parigi lo scorso marzo durante la settimana della moda donna), disposte accanto a composizioni floreali nei toni del rosa, a riprendere il tema-colore della cena. Un dîner, alla francese, che si è svolto proprio all’interno del teatro davanti al palcoscenico. A presentare la serata Drusilla Foer, toscana come Felloni, elegante e spiritosa ha omaggiato il pubblico con una performance straordinaria. Sul palco anche la ballerina Ulrike Storch, un Angelo Azzurro contemporaneo, tra lustrini e giochi di prestigio. E musica dal vivo. Insomma, tutte le passioni di Gherardo Felloni in un solo (ed unico) evento: la danza, la recitazione e il canto. Lui che da dieci anni si diletta (nel tempo libero) con la lirica. Madrina della serata Ines De La Fressange, musa del fondatore, immagine del marchio e memoria storica dal valore inestimabile soprattutto per Felloni, come ha raccontato nell’intervista a seguire. E Diego e Andrea Della Valle del Gruppo Tod's, che acquisirono il marchio nel 2015.
Sei appassionato dell’antico e in questo ruolo da direttore creativo per Roger Vivier hai subito portato in scena le tue passioni. A partire dalla recente campagna in cui ha recitato un simbolo del cinema francese: Catherine Deneuve.
Gherardo Felloni: “Mi definisco un eclettico. Mi piacciono molte cose e credo nell’incontro fra elementi diversi. Ho una passione per gli accostamenti. Per esempio nella campagna con la Deneuve (Hotel Vivier per il lancio della SS19,ndr), ho voluto mettere insieme lei a rappresentare la Nouvelle Vague e una ragazza parigina a rappresentare il mondo di oggi. Entrambe si contendono una scarpa che poi alla fine la Deneuve regala alla giovane, come se fosse il simbolo di un passaggio generazionale. Questo è anche il mio challenge nella direzione di un marchio storico come quello di Roger Vivier: ovvero renderlo attuale."
Come riesci ad esprimere le tue passioni attraverso il tuo lavoro?
"L’amore per il cinema, per la musica, per la performance è sempre presente. Io ho studiato canto lirico, ho recitato. Credo che la performance sia un’arte sacra, molto emotiva. Ho cercato di mettere su carta questo storytelling. Sono partito dal successo di Roger Vivier avvenuto con il film “Belle du jour” quando il marchio è entrato a far parte dell’immaginario collettivo borghese; questo tocco cinematografico era necessario e coerente."
Le calzature sono anche il simbolo della tua infanzia.
"Nel 58 mio zio ha aperto un calzaturificio; poi è subentrato mio padre che mi portava sempre in fabbrica. E oggi so come si fa una scarpa proprio per questo motivo; non mi sono fermato al disegno."
Se dico sneaker…
"Io le porto sempre, sono nato negli anni ottanta. Non sono uno snob. Indosso i gioielli antichi con le scarpe da ginnastica. E pensa una delle prime scarpe che ho disegnato per Vivier è stata proprio una runner: la Viv’ Run, uno dei nostri best seller."
Come è cambiata la tua percezione della donna negli anni.
"Il vero cambiamento è la libertà acquisita dalla donna. La donna è più indipendente. La seduzione non è più un’arma, ma è un piacere. E per questo forse i tacchi si abbassano sempre di più."
Parigi.
"Sono 10 anni che vivo a Parigi e ho cominciato con Christian Dior (per cui ho disegnato le scarpe). Prima c’era Milano, dove ho abitato per 9 anni. A Milano ho imparato molto; a Parigi riesco a metterlo in pratica. La ville lumiére accoglie tutti e permette di realizzarsi."
Il design.
"Ho sempre avuto un’attrazione per l’arredamento. Arrivato a Milano, dalla campagna toscana, ho trovato meravigliosa l’architettura. Volevo fare l’architetto, ma mio padre mi ha incoraggiato a fare il designer perché sapevo disegnare. L’interior design lo faccio per me. Però mi diverte. Una delle prime cose che ho fatto una volta insediato da Roger Vivier a Parigi, è stato rifare l’ufficio perché volevo essere circondato da ciò che mi piaceva; brutti, belli, poveri, lussuosi che siano, per me è fondamentale avere attorno oggetti che mi rappresentino."
L’archivio di Roger Vivier.
"Uno dei miei sogni era proprio vedere l’ archivio. C’ho messo 2 settimane a visitarlo (non sono neppure riuscito a a vedere tutto).
Le scarpe di Vivier sono rare (una rosa, una gialla, una ricamata, una decorata con del pizzo) e diverse; la silhouette è unica, il tacco medio, un’altezza che adoro. I colori poi…un’esplosione. Il marchio è sempre stato gioioso e femminile."
Ines de la Fressange.
"Una vera parigina. È un punto di riferimento. Ha conosciuto Roger Vivier. Se ho qualche dubbio, so che posso chiedere a lei."
Le donne, il tuo olimpo.
"Nella prima presentazione “Hotel Vivier”, c’era una cantante lirica, una donna agée, l’attrice ventenne e così via. Mi piacciono le donne sicure di se stesse. Per me la bellezza è disinvoltura, è naturalezza."
Se non avessi perseguito la carriera del designer.
"Mi sarebbe piaciuto diventare un cantante lirico..ma ho cominciato troppo tardi a prendere lezioni di canto."
Un ricordo che porti sempre con te.
"Sono molto legato al passato e ho una buona memoria. E il problema di oggi è proprio la perdita della memoria. Ecco, ricordo l’immagine di questa scarpa rosa che avevo trovato in un libro di Roger Viver degli anni 90. All’epoca, tra il 99 e il 2000, avevo appena cominciato a lavorare dopo aver concluso i miei studi in biologia."
Cosa diresti al tuo io degli inizi oggi.
"Divertiti di più. Ho iniziato presto, il prossimo anno sono 20 anni che faccio questo lavoro. Ho preso sempre tutto troppo seriamente. Oggi ho un atteggiamento più rilassato."
A proposito della cena.
"Annoiarsi è la cosa peggiore che possa succedere e per questo motivo ho pensato che l’evento dovesse essere accompagnato da una performance live."