Il CEO di Au Départ Paris racconta il brand dallo storico monogram alla relazione con l'universo contemporaneo

Tutto inizi&ograve; all&rsquo;angolo delle partenze della stazione Gare du Nord di Parigi, l&igrave; nacque la prima boutique di&nbsp;<a href="https://eu.audepart.com/it-it/?gclid=EAIaIQobChMIsouS5uHt7AIVGKd3Ch3dBQSqEAAYASAAEgIS4_D_BwE" target="_blank">Au D&eacute;part</a><a href="https://www.lofficielitalia.com/hommes-kinky/au-depart-un-mondo-borse-accessori-di-lusso-fotografie-giampaolo-sgura" target="_blank"> Paris</a>&nbsp;nel 1847. Una posizione strategica per un marchio ultra-luxury di bauli e valigie utilizzati in origine per trasportare oggetti della vita quotidiana e il proprio guardaroba su carrozze e treni. Precursori dell&rsquo;utilizzo del monogram come simbolo distintivo del marchio francese, l&rsquo;azienda &egrave; riuscita a ricreare fedelmente il pattern con lo stesso approccio di quando era stato concepito originariamente. Dopo un&rsquo;interruzione storica del brand nel 1976,&nbsp;Gianfranco Maccarrone, CEO di&nbsp;Au D&eacute;part Paris, nel 2019 rimette in moto l&rsquo;azienda con un&rsquo;unica rigorosa regola:&nbsp;&ldquo;Bauli facevamo, bauli facciamo&rdquo;.&nbsp;Il suo approccio vuole consacrare l&rsquo;anima di Au D&eacute;part&nbsp;Paris presentando un prodotto unico che si avvicini al concetto di lifestyle pi&ugrave; che al viaggio.

L&#39;Officiel Italia: Seguendo la vostra storia, siete stati precursori del monogram proponendo il 3-D effect box di Au D&eacute;part, com&rsquo;&egrave; nato?&nbsp; 
Gianfranco Maccarrone: Il monogram nasce agli inizi del &lsquo;900. Il motivo si ispira alle piastrelle delle chiese di Pompei. Nasce in un momento in cui anche Louis Vuitton, Goyard e Moynat stavano incominciando a trasformarsi da rivenditori o produttori di bauli e valigie in vere e proprie boutique che presentavano articoli da viaggio. Queste aziende sentivano l&rsquo;esigenza di distinguersi con un pattern preciso. Ognuna di loro disegnava su tela di canvas gommata che successivamente veniva serigrafata con pigmenti. Dopo la riapertura nel 2019 di Au D&eacute;part Paris, abbiamo chiesto al nostro ufficio stile di provare a ricreare lo stesso &ldquo;monogramma&rdquo; mantenendo la sua tridimensionalit&agrave; e cercando di alleggerirlo. &Egrave; l&igrave; che hanno introdotto la tecnica dello jacquard e, mentre stavamo costruendo il nostro tessuto, abbiamo provato ad inserire una fibra catarifrangente che inizialmente pensavamo avesse solo un effetto cangiante ma poi ci siamo accorti che a contatto con il flash diventava luminescente, ed &egrave; nato anche il nostro jacquard reflex.&nbsp; &nbsp;&nbsp;

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Au D&eacute;part esiste dal 1834 e avete una storia molto affascinante, quanto &egrave; importante per voi il vostro heritage e che rapporto avete oggi con il contemporaneo?&nbsp; 
Sicuramente per noi l&rsquo;heritage &egrave; un punto fermo di riferimento. Allo stesso tempo, come abbiamo progettato il nostro monogram jacquard reflex, cerchiamo di evolverci per rimanere il pi&ugrave; contemporanei possibili. Lo dimostra l&rsquo;approccio applicato al monogram ma anche per la costruzione dei bauli che una volta erano concepiti come porta abiti, oggi Au D&eacute;part Paris si relaziona di pi&ugrave; con l&rsquo;interior design, ad esempio durante il Salone del Mobile 2019 abbiamo collaborato con Dimorestudio per reinterpretare 5 bauli storici con 5 concetti differenti: luce, acqua, suono, vento e video. Oggi i bauli che progettiamo sono i bauli per il cognac, il set da th&eacute;, lo champagne ma anche per il make-up. Per seguire un progetto pi&ugrave; contemporaneo abbiamo creato il progetto Music &amp; Games che vede i nostri bauli contenere una Playstation 4, una consolle da D-Jay, un sound system ma anche televisori con sistema Dolby Surround. Abbiamo progettato anche il &ldquo;Desert Theatre&rdquo; che contiene un videoproiettore della Harman Kardon e uno schermo pieghevole della dimensione di 2 metri per 120 centimetri dotato di sistema di alimentazione e wifi per poter trasportare il cinema nel deserto, in camping e dove si vuole. 
 
Cosa significa per te rilanciare un brand dopo uno stop di 40 anni?&nbsp; 
Prima di tutto il significato storico del nome aiuta tantissimo, perch&eacute; rilanciare un marchio che si chiama &ldquo;Alla Partenza&rdquo; forse non significa rilanciarlo ma farlo partire nuovamente. Devo ammettere che &egrave; stato affascinante analizzare tutto quello che avevamo a disposizione. Non era moltissimo il materiale, circa una sessantina di bauli e i 15 cataloghi del 1897 in cui viene raccontata tutta la storia del marchio, quali erano i prodotti che costruivamo e l&rsquo;universo storico del brand. L&rsquo;approccio sofisticato della nostra storia continua a darci stimoli per progettare qualcosa che magari non esiste ancora sul mercato del lusso. Oggi siamo trainati anche dal mondo della moda con le nostre collezioni di borse e pelletteria ma ci&ograve; che ci sta ispirando maggiormente &egrave; l&rsquo;universo dei bauli. 
 
Au D&eacute;part &egrave; pi&ugrave; lifestyle o viaggio?&nbsp; 
Lifestyle, oggi non utilizziamo pi&ugrave; la parola viaggio. Noi abbiamo due principali diciture &ldquo;When Heritage meets Technology&rdquo; per rimanere fedeli ai contenuti heritage e guardare al futuro, e &ldquo;Au D&eacute;part, Mouvement&rdquo;, un approccio romantico e sofisticato per raccontare non pi&ugrave; il concetto di viaggio ma di lifestyle, un accompagnamento per i nostri spostamenti, movimenti ma anche cambiamenti.&nbsp;

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Leggevo anche di un vostro motto &lsquo;If you do it well, it will last for ever&rsquo;, quanto &egrave; importante per voi la sostenibilit&agrave;?&nbsp; 
Parlare di sostenibilit&agrave; oggi &egrave; importantissimo ed &egrave; estremamente complicato. Si tratta di fare attenzione all&rsquo;utilizzo di plastica e materiali inquinanti ma nel nostro caso la regola principale &egrave; &lsquo;If you do it well, it will last for ever&rsquo;, quindi costruire qualcosa oggi che possa durare per i prossimi cento/duecento anni. I nostri bauli d&rsquo;archivio ne sono la dimostrazione, oggetti costruiti alla fine dell&rsquo;800 che ancora oggi sono forti e resistenti. Su una nostra campagna del 1920 compariva un motto di Monsieur Bertin che aveva incaricato Monsieur Gilbert di illustrare la prima campagna pubblicitaria &lsquo;L&eacute;g&eacute;r, solides et &eacute;l&eacute;gant&rsquo; (leggero, solido ed elegante). Un&rsquo;altra campagna recitava &lsquo;Un beau voyage commence Au D&eacute;part&rsquo; ovvero un bel viaggio comincia alla partenza, quasi ad indicare che i preparativi costituiscono uno dei momenti essenziali di un viaggio. Per noi metaforicamente significa anche progettare bene un baule affinch&eacute; possa resistere e durare nel tempo.&nbsp; 
 
Nella storia del marchio riaffiorano i nomi di grandi artisti e scrittori.&nbsp;Leggevo dell&rsquo;illustratore Yan Bernard Dyl, Antoine de Saint-Exup&eacute;ry, scrittore de &ldquo;Il piccolo principe&rdquo;&hellip; 
Saint-Exup&eacute;ry era un nostro cliente, Yan Bernard Dyl ha dato luce alle storiche campagne di Au D&eacute;part Paris. Oggi pi&ugrave; che collaborare con artisti vogliamo creare dei progetti con artisti, senza dover seguire per forza i calendari della moda. Il nostro marchio &egrave; sicuramente molto vicino al linguaggio dell&rsquo;arte, durante lo scorso Salone del Mobile abbiamo collaborato con Dimorestudio per le installazioni, ma anche con un&rsquo;artista che ci ha fornito delle opere. Poi abbiamo presentato il nostro primo exhibition space a Londra all&rsquo;interno della Galleria Mazzoleni e durante Nomad a Saint Moritz una seconda installazione. Il nostro prodotto viene presentato al fianco di arte e design.

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E come si relazionano creativit&agrave; e business?&nbsp; 
Il presupposto &egrave; che Au D&eacute;part Paris non si identifica come un marchio di moda, ma piuttosto come un progetto timeless. L&rsquo;obiettivo &egrave; costruire una collezione dall&rsquo;approccio elegante e sofisticato definito come ultra-luxury, che parta dal modo dei bauli con prodotti di altissima tecnologia per differenziarsi dal mercato attuale e relazionarsi con i linguaggi contemporanei. Poi abbiamo la nostra collezione di borse e pelletteria che rende anche il tutto pi&ugrave; accessibile, con una collezione di small leather goods oppure come li chiamiamo noi di &ldquo;micro gifts&rdquo;, ad esempio il manicure set, il playcard kit, il grooming set, dental kit e via dicendo. 
 
Qual &egrave; il tuo obiettivo con Au D&eacute;part Paris?&nbsp; 
Renderlo un marchio misterioso e desiderabile. Tutti i passaggi della nostra storia ci hanno portato a definire Au D&eacute;part come &lsquo;mistery cult&rsquo;. I nostri prodotti vengono raccontati&nbsp;in una maniera poco canonica, trovando degli elementi che descrivono alla perfezione l&rsquo;identit&agrave; del brand. Per fare un esempio il monogram, lo vedi s&igrave; sopra i bauli, ma per le presentazioni a Parigi e Milano l&rsquo;abbiamo ricreato sotto forma di carta da parati in una &ldquo;Black box room&rdquo;, una stanza totalmente buia in cui il monogram jacquard reflex emergeva con l&rsquo;illuminazione del flash. Le persone potevano quindi orientarsi dentro la stanza e quando venivano fotografate risultavano essere solo delle misteriose silhouette nere. Per noi la parola misterioso ha pi&ugrave; di un&rsquo;accezione, significa anche costruire qualcosa che non sia facilmente reperibile per&nbsp;suscitare nuove emozioni.

I prodotti Au D&eacute;part Paris sono reperibili al&nbsp;The Webster&nbsp;di&nbsp;New York, Los Angeles, Miami,&nbsp;Lane Crawford&nbsp;di&nbsp;Shanghai e Hong Kong, Antonia K11 di Hong Kong, Antonia Milano, LuisaViaRoma Firenze, Gente a Roma, Rodeloper a Den Haag e presto anche da Harrods a Londra.

La storia di Au Départ Paris in conversazione con Gianfranco Maccarrone

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