Random Identites, Telfar, Lardini e Tagliatore. Le due facce del menswear a Pitti Uomo
Nessun posto a sedere, niente drink con cui ingannare l’attesa. Solo un lungo rettangolo di luce rossa delimita lo spazio all’interno della Stazione Leopolda dove prende vita la sfilata di Random Identities, il brand indipendente di Stefano Pilati, con cui cala il sipario sui grandi eventi della 97esima edizione di Pitti Uomo. Il pubblico è stanco, c’è chi smoccola per il ritardo e chi pensa al pezzo che poi dovrà chiudere di furia per non far tardare la redazione, ma nessuno molla il posto conquistato lungo la passerella che non c’è. Poi lo show inizia tra uomini, donne e anche un bambino, tutti vestiti di abiti che non ha più senso suddividere in base al genere, perché stanno dannatamente bene a chiunque li indossi. I maschi (ragazzino incluso) camminano su stivaletti coi tacchi, portano le gonne, hanno le giacche strizzate in vita o dei reggiseni trompe l’oeil di pizzo nero appoggiati sulle camicie. Le femmine vestono completi giacca e pantaloni austeri, con una carica di sensualità mai ammiccante. E nonostante gli uni sfoderino gli stilemi tipici degli altri, nessuno risulta mai forzato o caricaturale. «Questa non è una sfilata in senso canonico. In questo momento, faccio solo le cose che ritengo davvero rilevanti», spiegherà poi Pilati nel backstage a fine show. «Per me la moda non è mai morta, è solo il modo in cui viene sviluppata oggi che forse va ripensato, prendendo atto di un mercato saturo e di un pubblico annoiato. Si continua a fomentare il desiderio di identità che alla fine si rivelano sterili, se non le si fanno evolvere. Questo progetto nasce dalle reazioni delle persone agli abiti che avevo postato su Instagram, quello che mi interessa è la vicinanza con le persone».
Random Identities
«Con la mia sfilata non cerco di compiacere nessuno, se non il livello di qualità che io pretendo da me stesso». Nel backstage del suo show a Palazzo Corsini Telfar Clemens racconta con una generosità quasi naif il mondo del suo brand, Telfar, che ha fondato nel 2005 con l’idea di creare abili gender fluid quando all’epoca il concetto doveva ancora farsi strada nel mondo della moda. Lo show è una cena degli artisti in versione underground, accompagnata dalle musiche composte la notte prima dello show dal collettivo di musicisti e creativi che per davvero ha cenato insieme a Telfar nelle sale dell’edificio storico affacciato sull’Arno. Quanto ai look, Telfar li definisce: «Una idea romanticizzata di streetwear», con giacche e pantaloni fatti di innesti di sweatsuit dal sapore anni ‘70 su maglieria intrecciata tipo pastore irandese. O biker jacket in versione piumino, o ancora pantaloni larghi, solcati da coulisse per dare vita a balze irregolari, fatti apposta per far sorgere il dubbio se si tratti o meno di una gonna.
Telfar
Collaborazione eccellente per Lardini che ha scelto la 97esima edizione di Pitti Uomo per presentare la capsule collection firmata da Yosuke Aizawa. Lo stilista giapponese che è il fondatore del brand di culto White Mountaineering ha mescolato il suo tocco techno-edgy con il saper fare sartoriale del marchio marchigiano. Il risultato è una serie di capispalla tra bomber, field jacket e parka dalle performance sofisiticate, accompagnato a tre modelli di sneakers pensate per offrire il massimo comfort. «Preservare la tradizione per farla convivere con la tradizione, è ciò che più conta in questo preciso momento storico», ha spiegato il designer che ha poi aggiunto: «Con questa collaborazione siamo riusciti a combinare e valorizzare i rispettivi punti di forza, Lardini con la sua lunga storia ed io con il mio intento di creare prodotti innovativi».
Lardini
«Siamo contenti di come sta evolvendo il brand e ci stiamo mettendo alla prova anche con linguaggi che non appartengono propriamente al nostro DNA, come la pelle, oppure una serie di giacche costruite con le spalle insellate». A parlare è Pino Lerario, direttore creativo del marchio, che prosegue sicuro sui binari di una eleganza morbida e avvolgente. Punti di forza della collezione si confermano i materiali con la rilettura di grandi classici come le lane a scacchi, dove le fantasie vengono realizzate in esclusiva, mentre a fare da contraltare ci pensano gli effetti tridimensionali ottenuti grazie alla ciniglia e al bouclé. Tra i capi di punta, due cappotti entrambi con cintura in vita, uno più da giorno e l’altro più sofisticato con un taglio a vestaglia. Quanto ai colori Lerario gioca su una sequenza cromatica che sembra riscaldata dai raggi del sole, alternando il calore del giallo alla potenza del rosso, bene armonizzati con diverse sfumature di marrone.
Tagliatore